la sofferenza degli altri

Penso che sia capitato a chiunque di avere a che fare con qualcuno che puntualmentre comunica di essere piu' stressato, piu' sofferente, piu' sfortunato, piu' indaffarato o di avere una vita/lavoro piu' difficili della vostra. La frase tipica per esempio di un capo ufficio non particolarmente brillante potrebbe essere: "vai bene tu, Luciano", col tono di chi ha mille responsabilità e invidia la tua spensieratezza. Oppure, ancora, un conoscente che si sente in dovere di affermare: "come ti invidio", il succo non cambia, in realtà non t'invidia affatto, sta solo cercando di dirti che la sua vità e' piu' complessa della tua.
Sono situazioni che tendenzialmente mi irritano, ma poco, immediatamente scatta in me l'esclusione dell'interlocutore dal mondo fatto da essere intelligenti che meritano la mia attenzione e il mio tempo. E infatti quelle poche persone che stimo e che forse veramente hanno vite piu' compolesse della mia, mai si sono lasciati andare a frasi vuote di questo genere, anzi spesso si mostrano realmente interessate ad ascoltare il mondo che li circonda.

E quando a dire queste cose e' qualcuno di caro? un parente, un fidanzato/a, un amico? Di solito non sono cosi' espliciti e diretti, ma col tempo si intuisce che la persona in questione reputi voi meno interessante di se stessa. Nulla di strano, viviamo in un epoca e in un tipo di cultura in cui si preferisce parlare, piuttosto che ascoltare.

Una persona cara tuttavia non dovrebbe permettersi, secondo me, di comportarsi in modo simile. Sarebbe opportuno che si fermasse un attimo prima a riflettere su cio' che sta per dire, che valutasse se e' il caso di pronunciare quelle parole, o meno.

Una persona cara che inevitabilmente vi comunica che sta male, va ascoltata, se possibile aiutata, perche' evidentemente c'e' un disagio, un problema che da sola non e' in grado di affrontare. Una apersona cara che dice di star male e al tempo stesso vi fa capire che pensa che voi state meglio e siete piu' fortunati, senza chiedervi il vostro parere in merito... be', non si rende conto di ferirvi e aggiungerei anche di umiliarvi. E' una persona che sta parlando da sola e che non vuole ascoltare nient'altro che le proprie parole. Puo' essere costei/costui definita dunque una persona "cara"? direi di no.
Sara' un parente, foss'anche una madre, un padre, una sorella, un fratello; sara' un conoscente di poco valore, per quanto cerchi di definirsi amico/a; sara' qualcosa vicino allo stalker, invece di un amante o di un fidanzato/a.

Nelle mie relazioni affettive di varia natura, che in qualche modo mi sono scelto nel corso della vita, vorrei proprio che nessuno dei coinvolti preferisse il suono della propria voce a quella degli altri. Tuttavia spesso mi sono lasciato imbrogliare da me stesso, direi. Ho creduto di trovare briciole di interesse in voci che invece si ergevano turgide nel cielo, come i minareti e i campanili, sonore, ma sorde alle vibrazioni altrui. E' ho provato profonda umiliazione, cosi' grande da non lasciare spazio nemmeno alla tristezza.

Commenti