et in terra pax

di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini
Italia 2011



Due registi per un film di borgata romano. Un film indipendente, poco distribuito e direi anche poco visto e recensito. Basta fare una ricerca su internet per trovare ben poco. Direi un peccato: non perche' questo piccolo film sia un capolavoro, anzi, ha molti difetti e ingenuità, tuttavia e' un'opera prima a budget piuttosto limitato che a quanto ho capito non ha nemmeno ricevuto (per fortuna) il sussidio statale.

Inizio dai difetti? Recitazione non proprio perfetta, dialoghi alle volte ridondanti, la sceneggiatura che poteva essere limata o perfezionata nei dettagli, negli sguardi, nelle inquadrature, cosi' da ottenere un piccolo film pero' ben costruito. Lo slang e' quello del romano... ma non siamo nelle borgate di Pasolini (anche se il film ammicca a quell'immaginario), e a me pare che sia un romano un po' troppo addomesticato, un po' troppo comprensibile (finto?).

Veniamo ai pregi. All'inizio si ha l'impressione di guardare l'ennesimo film sulla periferia violenta d'italia. Pero' ben presto questa impressione viene meno. Si inizia a pensare che l'ambientazione, la storia sia una finzione, sia la messa in scena di un discorso piu' ampio, piu' generale. Infatti, il film non e' un reportage. Non e' nemmeno uno scimmiottare il ben piu' ricco e professionale Gomorra.
Ricorda in modo vivo certi film di Hong Kong. A me ha ricordato i primi film di Fruit Chan, un regista indipendente di HK, autore di memorabili operette morali-surreali sulla marginalita' di quell'assurdo luogo. Addirittura nella scelta dei luoghi: quelle case popolari ricordano molto gli Estate anni 70 di HK: ballatoi, assenza di privacy, ombra perenne, microcosmo umano e sociale.

E cosi' il film in questione, da noioso e inutile film di denuncia sociale, passa a film omaggio e  messa in scena di un disagio esistenziale non piu' strettamente legato ad un luogo specifico. In quest'ottica ha senso l'addolcimento del dialetto, la scelta di volti e personaggi caricaturali, quasi fumetti di una realtà.

Insomma voglio dire che dopo aver visto il film non si ha l'impressione di aver conosciuto una realtà vera e drammatica di una certa Italia, al contrario di aver partecipato emotivamente ad un disgaio umano, al dramma dell'esistenza, ai dubbi e alle speranze di piccoli uomini e donne che a tutti i costi vogliono sopravvivere inventandosi modi e speranze destinate inevitabilmente a crollare e bruciare in un fuoco per nulla riparatore.

Il film si arricchisce di simbolismi che tuttavuia non lo appesantiscono (grande merito degli autori e attori): qualcuno potra' dire che sono semplici semplici, scontate... puo' essere, ma efficaci e non stonano, secondo me. Parliamo del fuoco, che porta la pace in terra (il latinismo del titolo); dello stupro di gruppo che risveglia con il trauma dalle fantasie e dalle speranze; parliamo dall'amicizia adolescenziale distrutta e ridotta in cenere dalla vita adulta e dall'assurdo di regole e tradizioni sociali di pietra (o di piombo, in questo caso); parliamo dell'attesa di un uomo passivo che ha come unico riscatto quello di portare alle estreme conseguenze le regole del luogo in cui vive, senza tentennamenti, senza sentimentalismio, senza speranze di nessun tipo.
Quest'ultimo personaggio (simbolo) e' il protyagonista del film: Se ne sta per il 75% della storia seduto su una panchina a spacciare e a osservare. Vede che li furoi c'e' un mondo di possibilità, ci sono alternative e le alternative quasi gli sfiorano l'esistenza... tuttavia poi passano e lui non le coglie e, accettando forse il suo destino, si adatta e a suo modo vince, col fuoco, con la morte, con, immaginiamo, la vittoria sugli altri.

Da questo punto di vista e' azzeccata la musica: Vivaldi sacro, un estratto del Gloria. Crea l'ennesimo spaesamento e contrato, al tempo stesso sottolinea la "sacralità" del non-senso umano.... tutto in chiave terrena.

Il sito ufficiale del film: www.etinterrapax.it

e qui il brano di Vivaldi.

Gloria, RV589: Et in terra pax by Vivaldi, Antonio on Grooveshark

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